Di benessere organizzativo parlo nell’articolo scritto per il magazine Leadership & Management, p
Il mondo delle organizzazioni è abitato da persone, chiamate risorse umane.
Ma, attenzione agli incontri pericolosi.
L’atmosfera attuale che molte risorse umane respirano risulta abbastanza inquinata da fattori “situazionali”, (sociali-economici-culturali), che oggi non aiutano in generale lo sviluppo di una buona “qualità dell’aria” e quindi della vita nelle organizzazioni d’impresa.
L’inquinamento deriva inoltre dalla carenza di quell’ossigeno vitale per la vita lavorativa rappresentato dalla comunicazione, che in molte aziende è più debole o scarsa rispetto a quanto ufficialmente o superficialmente appare (al di là dell’utilizzo dell’intranet o di forme smart di comunicazione interna), ma anche dall’incontro – sempre più frequente – con figure inquietanti e talvolta addirittura rischiose per la vita organizzativa: le risorse disumane!
Se fa parte del gioco delle relazioni interpersonali, e quindi anche professionali, interagire con persone con le quali c’è poco feeling per motivi caratteriali o lavorativi, è altrettanto vero che esistono delle persone che di umano hanno ben poco: appaiono dei soggetti robotici o malati perché magari privi di emozioni, altri sembrano essere nati per fare del male agli altri e, anzi, trarre gusto e soddisfazione dal malessere e dal disagio altrui, soprattutto se causato dal proprio comportamento; altri ancora appaiono dei vincenti super-performanti h24, tanto da sollecitare qualche dubbio sulla fonte naturale di energia psico-fisica che ostentano mostrandosi delle vere e proprie macchine viventi a scapito angosciante di chi lavora con loro!
Va considerato che il confine tra un comportamento organizzativo un po’ strano ma accettabile e un altro decisamente problematico o patologico può essere molto sottile; anche perché nella vita reale del lavoro vi sono numerose variabili che intervengono a determinare ciò che ciascuno manifesta di se stesso. Ad esempio, una persona tendenzialmente ossessiva darà importanza all’ordine e alla precisione, scegliendo un lavoro adatto a mettere in risalto tali qualità; sarà giudizioso ma lento nel portare a termine i compiti, attento alle regole ma rigido mentalmente. In confronto, una personalità (patologicamente) ossessiva mirerà a ottenere il controllo su tutto e tutti, irrigidirà le procedure e i meccanismi organizzativi, accentrerà la supervisione e di fronte alla necessità di prendere decisioni, rimanderà improduttivamente e procrastinerà la scelta con gravi danni al lavoro. Proprio il soggetto ossessivo costituisce un primo modello umano che può creare notevoli problemi di convivenza organizzativa (Castiello d’Antonio, d’Ambrosio Marri, 2017).
Si osserva poi che altre figure sono talmente assetate di potere e affascinate dalla propria arte manipolatoria da trasformarsi in autocompiaciuti criminali in giacca e cravatta, osannati da una corte di deboli comprimari o sudditi, insanamente dipendenti e ossequiosi del potere e del controllo agiti narcisisticamente dal criminale manipolatore, talvolta anche affabulatore.
C’è poi il tipo distruttivo quasi per definizione. Di solito il suo atteggiamento è mirato a minare l’autostima, la motivazione, l’energia vitale di chi lavora con lui, a spargere sfiducia e disorientamento, a squalificare e denigrare gli altri; minaccia o si mimetizza diffondendo odio e rancori, perché questo soggetto esiste solo attraverso il ritagliarsi tale ruolo, e perché se fosse riconosciuto per le incapacità professionali che lo caratterizzano sarebbe finito, e con lui anche il suo gioco perverso.
Queste tipologie di risorse disumane non esauriscono le possibilità con cui si manifesta la distruttività nelle organizzazioni di lavoro, ma costituiscono un campione significativo di quelle forme di psicopatologia del management e di figure che occupano ruoli di responsabilità (Castiello d’Antonio, 2013).
Il benessere in azienda riguarda vari aspetti della vita delle persone: dalla sicurezza sul lavoro alle varie declinazioni del welfare organizzativo, dalle politiche di work-life balance all’ergonomia degli ambienti fisici e alla cura dell’estetica di tali ambienti, e altro ancora, fino alle politiche di gestione e organizzazione del lavoro e delle persone centrate sulla valorizzazione delle differenze, attraverso approcci di Diversity & Inclusion Management, che fanno della differenza un fattore chiave di successo aziendale e di benessere organizzativo. Sono fondamentali in tale prospettiva quegli interventi orientati all’Empowerment, cioè approcci all’organizzazione partecipata e al coinvolgimento in ottica progettuale per lo sviluppo individuale nell’organizzazione. Molte sono le imprese e i gruppi aziendali che si muovono in tale direzione, sia multinazionali, sia italiani, come Luxottica, Coop Adriatica, Gruppo Telecom, Gruppo Eni, Gruppo Enel – e altre di dimensioni minori ma non meno innovative come, ad esempio, Loccioni ed Elica.
[…] CONTINUA A LEGGERE l’articolo completo uscito su Leadership & Management Magazine del 2 febbraio 2018.