Oggi è la giornata internazionale della Gentilezza. Può esistere una Leadership Gentile?
La leadership può essere anche gentile e rimanere efficace, anzi produrre anche efficienza coniugando autorità ed empatia? Alcuni leader italiani e internazionali protagonisti dell’attuale scena politica teorizzano e praticano la logica del duro e puro, insomma una versione machista di uso del potere e della rappresentazione del proprio agire che trova elettori e adepti consenzienti quando non deliranti: va certo riconosciuto che quest’approccio dà i suoi frutti in certe situazioni sociali per chi ha volontà di consenso facile e d’effetto sul breve periodo, diffonde paura, atteggiandosi a punto di riferimento sicuro e impavido, che non ascolta, non cerca consigli, anzi se li riceve li azzera.
Più in generale, da molti la gentilezza non è vista di buon occhio, è percepita molto vicina all’insicurezza, alla debolezza d’idee e verso l’interlocutore. Come se gentilezza fosse sinonimo di arrendevolezza tout court.
Ma…udite, udite: molte ricerche socio-organizzative, altre inerenti alla neuro scienza e altre ancora provenienti dalle scienze sociali, dimostrano che, nella conduzione d’imprese e di organizzazioni del lavoro, le aziende davvero vincenti sono condotte da leader gentili, che con questo stile nulla tolgono a fermezza e determinazione verso la realizzazione dei propri intenti imprenditoriali e/o gestionali, anzi!
La gentilezza dei leader aiuta il legame positivo con le persone e la gestione delle relazioni. Non si tratta quindi di carisma, quello di weberiana memoria, quello che in tv o nelle piazze il leader enfatizza attraverso uno stile di comunicazione particolarmente brillante che facilita identificazione e aspettative miracolistiche in chi lo ascolta.
La leadership gentile è il contrario della manipolazione o della recita, è autenticità di rapporto con gli altri, collaboratori, ai vertici o di pari livello, è la capacità d’impegno in rapporti reciproci significativi, è creazione di fiducia vicendevole, è provare ed esprimere gratitudine, è il valore dell’umiltà con cui il leader dimostra che sa imparare e che non si monta la testa, rimanendo con i piedi per terra; quindi è capacità di realismo, senza dichiarazioni di autoglorificazione egocentrica, è responsabilità unita alla competenza (parola rara di questi tempi in Italia, dove spesso suscita diffidenza o sospetto anziché fiducia, affidabilità e riconoscimento).

In sintesi, è capacità di equilibrio, che anche attraverso la compassione (!) porta a vantaggi tangibili e intangibili per le organizzazioni e per il business. La pensano così in molti sulla base di studi e ricerche, oltre che sulla base di esperienze d’impresa, tra cui autorevoli figure e studiosi alla Columbia University Business School come Glenn Hubbard preside e professore di economia e finanza, William Baker, anche presidente di Educational Broadcasting Corporation, Michael O’Malley anche curatore di testi di economia e legge ed executive editor di Yale University Press. La pensano così anche molte persone semplicemente competenti, dotate di buon senso, convinte, umili, responsabili e gentili! E che, tra l’altro, spesso dirigono aziende, uffici, persone, dipartimenti, progetti di elevata responsabilità.
Non sarà che la gentilezza, in fondo in fondo, può fare paura a chi la snobba o la mortifica?
Sei una persona gentile e vuoi valorizzare la tua autorevolezza anche attraverso questa tua caratteristica enfatizzandone la forza e l’efficacia, invece di sentirti in difficoltà nelle situazioni conflittuali? Prenota un primo colloquio gratuito conoscitivo con me, possiamo trovare insieme la strada per questo potenziamento con un eventuale percorso di counseling alla persona.
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Leonora sceglie il convento per amore ma trova la morte per mano del fratello come vendetta per difendere l’onore della famiglia e quindi di se stesso. Sono passati secoli da quella notte a Siviglia, in cui si svolge la vicenda, ma quante donne ancora muoiono, guardando anche solo l’Italia, per questo motivo?
Ma come batte in tal senso il cuore delle donne nella vita privata e sul lavoro? Il possedere empatia, flessibilità e socialità e capacità di apprendimento e di superamento rispetto alle avversità, sono una combinazione di caratteristiche che, secondo molte ricerche internazionali, consentono alle donne di esprimere un approccio unico verso che fare con la delusione, il rifiuto o situazioni che non funzionano. Tendono all’auto-critica, ma poi si scrollano di dosso ogni sentimento negativo, imparano ciò che è necessario e si danno da fare! Certo ci sono eccezioni, ognuna è chi è e sa essere/fare, ma tendenzialmente dalle ricerche socio-psicologiche e manageriali questo è il dato che emerge.
Il fatto è che l’ambiente di lavoro può essere strutturato fisicamente in molti modi e in ogni caso incide sul fattore psicologico di chi ci lavora e sulle dinamiche interpersonali tra colleghi e con i capi. Spesso oggi anche in fabbrica sono superati gli ambienti di officina rappresentati dal genio di C. Chaplin in Tempi Moderni (1936,
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